Il Carnevale di Venezia, romantico, elegante e atemporale, è uno dei motivi di orgoglio della città dei canali. È considerato il più antico del mondo ed è uno di quegli eventi a cui bisogna assistere almeno una volta nella vita. Le origini del Carnevale di Venezia rimontano all’XI secolo. È difficile definire con esattezza quando è nato perché le fonti sono a volte contraddittorie, però quello che sì è sicuro è che il primo documento nel quale appare riconosciuto come festa pubblica è datato 1296.
Il Carnevale di Venezia, se non il più grandioso, è sicuramente il più conosciuto per il fascino che esercita e il mistero che continua a possedere anche adesso. Si hanno ricordi delle festività del Carnevale fin dal 1094, sotto il dogato di Vitale Falier, in un documento che parla dei divertimenti pubblici nei giorni che precedevano la Quaresima. Il documento ufficiale che dichiara il Carnevale una festa pubblica è del 1296 quando il Senato della Repubblica dichiarò festivo l’ultimo giorno della Quaresima. Tuttavia il Carnevale ha tradizioni molto più antiche che rimandano ai culti ancestrali di passaggio dall’inverno alla primavera, culti presenti in quasi tutte le società, basti pensare ai Saturnalia latini o ai culti dionisiaci nei quali il motto era “Semel in anno licet insanire” (“Una volta all’anno è lecito non avere freni”) ed è simile lo spirito che anima le oligarchie veneziane e le classi dirigenti latine con la concessione e l’illusione ai ceti più umili di diventare, per un breve periodo dell’anno, simili ai potenti, concedendo loro di poter burlare pubblicamente i ricchi indossando una maschera sul volto. Una utile valvola di sfogo per tenere sotto controllo le tensioni sociali sull’esempio del “Panem et Circenses” latino. Se un tempo il Carnevale era molto più lungo e cominciava addirittura la prima domenica di ottobre per intensificarsi il giorno dopo l’Epifania e culminare nei giorni che precedevano la Quaresima. La città di Venezia, grande città commerciale, ha sempre avuto un legame privilegiato con i Paesi lontani, con l’Oriente in particolare cui non manca, in ogni edizione del Carnevale, un riferimento, un Filo Rosso che continua a legare la festa più nota della Serenissima al leggendario Viaggio del veneziano Marco Polo verso la Cina alla corte di Qubilai Khan dove visse per circa venticinque anni. Un Filo Rosso che si snoda lungo l’antica e famigerata via della Seta. Alcuni Carnevali sono passati alla storia: quello del 1571, in occasione della grande battaglia delle forze cristiane a Lepanto quando, la domenica di Carnevale venne allestita una sfilata di carri allegorici: la Fede troneggiava col piede sopra un drago incatenato ed era seguita dalle Virtù teologali, la Vittoria sovrastava i vinti ed infine la Morte con la falce in mano per significare che in quella vittoria anche lei aveva trionfato. Nel 1664 in occasione delle nozze in casa Cornaro a San Polo, si organizzò una grandiosa e divertente mascherata a cui parteciparono molti giovani patrizi. Una sfarzosa sfilata attraversò Venezia e fece tappa in due dei più famosi monasteri della città: quello di San Lorenzo e quello di San Zaccaria, dove risiedevano le monache di nobile stirpe. Il 27 febbraio 1679 il Duca di Mantova sfilò con un seguito di indiani, neri, turchi e tartari che, lungo il percorso sfidarono e combatterono sei mostri, dopo averli uccisi si cominciò a danzare. Per il Carnevale del 1706: giovani patrizi si mascherarono da Persiani e attraversarono la città per poi esibirsi nelle corti e nei parlatoi dei principali monasteri di monache (San Zaccaria e San Lorenzo). Venezia divenne l’alta scuola europea del piacere e del gioco, della maschera e dell’irresponsabilità. Nel XIX secolo, invece, Venezia e il suo Carnevale incarnano il mito romantico internazionale e la città della Laguna, con le sue brume e l’aspetto paludoso, diventa meta di artisti, scrittori, musicisti, avventurieri e bellissime dame di tutto il mondo: Sissi d’Austria, Wagner, Byron, George Sand, Ugo Foscolo. Il Carnevale ebbe un momento di stasi dopo la caduta della Repubblica di Venezia perché malvisto dalla temporanea occupazione di austriaci e francesi.
Venezia nel Settecento, il secolo che, più di ogni altro, la rese luogo dalle infinite suggestioni e patrimonio della fantasia del mondo. Venezia era allora il mondo di Giacomo Casanova, un mondo superficiale, festante, decorativo e galante, il mondo di pittori come Boucher e Fragonard, Longhi, Rosalba Carriera e Giambattista Tiepolo, la patria del padre della Commedia dei Caratteri, uno dei più grandi autori del teatro europeo e uno degli scrittori italiani più conosciuti all’estero: Carlo Goldoni che, in una poesia dedicata al Carnevale, così rappresenta lo spirito della festa: “Qui la moglie e là il marito Ognuno va dove gli par Ognun corre a qualche invito, chi a giocar chi a ballar”.Nel suo ultimo secolo di vita, la Repubblica (che cadrà per mano dei Francesi nel 1797) può sembrare concentrata solo sugli aspetti esteriori e frivoli della vita, anche se la realtà era assai più complessa. In quel periodo il Carnevale, con le sue feste, i suoi spettacoli, le sue maschere, i suoi teatri, la sua Casa da Gioco Pubblica, comincia a diventare un’attrazione turistica per tutta Europa, accogliendo migliaia di visitatori incuriositi di vivere quella atmosfera molto particolare ed effervescente. Venezia diventa “La calamita d’Europa”.
Nelle commedie di Carlo Goldoni (1707-1793) il Carnevale è citato tanto spesso che la sua vena compositiva diventa una preziosa fonte documentaria. Le opere stesse venivano rappresentate durante la stagione del Carnevale, che troviamo citato in alcune delle sue commedie più famose, come La vedova scaltra, Le massere, Le morbinose, I rusteghi, Una delle ultime sere di Carnovale. Goldoni non è certo benevolo nei confronti del lusso e del vizio ostentati durante il Carnevale e suggerisce, attraverso i suoi spettacoli, un tipo di divertimento semplice.
Il Carnevale era assai prolungato. Cominciava normalmente il 26 dicembre per concludersi il giorno delle Ceneri, ma spesso venivano concesse licenze carnascialesche per l’utilizzo delle maschere fin dal 1° ottobre, e non era inconsueto assistere a feste e banchetti anche durante la Quaresima. Anche durante la festa della Sensa, che durava 15 giorni, era consentito l’uso della maschera e del travestimento. In poche parole, il Carnevale durava alcuni mesi, e questo ha certamente contribuito a creare l’immagine di Venezia come una città dedita al divertimento.
In questo clima di godimento non poteva mancare il gioco d’azzardo, e il Ridotto di S. Moisé, la pubblica casa da gioco gestita dallo Stato, divenne uno dei punti nevralgici del carnevale veneziano. Tra il 1638 (anno d'apertura) e il 1774 (anno della chiusura) migliaia di giocatori in maschera fecero sgorgare un fiume di ducati dalle loro tasche alle casse dello stato. Il Ridotto era aperto esclusivamente durante il Carnevale (che però durava anche alcuni mesi), e gli unici a essere esentati dall’uso delle maschere erano i croupier, i cosiddetti barnabotti, nobiluomini veneziani decaduti.
Giacomo Casanova è il personaggio che meglio rappresenta l'aspetto godereccio, lussurioso e decadente della Venezia settecentesca. Personalità assai complessa e articolata, in vita è stato considerato stregone, letterato, spia, libertino, evasore, giocatore inveterato, falsario, traditore, seduttore, baro, poeta, calunniatore, ateo, imbroglione, furfante, blasfemo, alchimista.